La Cgil sembra l’ultimo baluardo rimasto a difesa di una delle basi dello statuto dei lavoratori.
La
Camusso non cede di un passo…l’art.18, sui licenziamenti per motivi
economici, non si tocca…quello sui motivi disciplinari sembra
definitivamente abbandonato.
Passo
dopo passo, accordo dopo accordo, i limiti che i lavoratori, con le
loro lotte, avevano imposto alla loro controparte si sgretolano…difesi
da chi quelle mura le ha già cancellate in casa propria.
Perché è proprio così…chi oggi difende l’articolo 18, in casa propria lo nega.
E’ il caso della Cgil…ma non solo della Cgil…
Le
strutture sindacali, fatte di innumerevoli dipendenti e funzionari,
sembrano sfuggire a quelle regole che le stesse chiedono vengano
rispettate altrove.
Una contraddizione che toglie quella credibilità necessaria in un momento in cui ci sarebbe bisogno della massima trasparenza.
Importante
è che regni il silenzio…e nessuno, neanche il più “libero” giornalista
italiano, contravviene alle regole imposte da quelle confederazioni che
dovunque siglano accordi e dettano legge.
E’ dalle fila della Cgil, però, che vengono fuori le prime denunce per licenziamenti senza giusta causa.
Una
denuncia coraggiosa, che cozza contro l’idea del sindacato che la gente
si è fatta e che si scontra contro un vero e proprio molok, un totem
intoccabile anche per la stessa cosiddetta informazione.
Parte
dalla Sicilia, da Alma Bianco, Romina Licciardi, Alessandra Mangano e
Giovanni Sapienza, che si uniscono nel comitato “licenziati dalla
Cgil”…per poi espandersi…in Umbria, in Calabria, in Friuli, nel Lazio,
in Puglia.
Storie di licenziamenti senza alcun motivo fondato, vere e proprie storie di licenziamenti politici, mobbing, lavoro nero.
L’ispettorato
del lavoro è arrivato a denunciare la Cgil di Ragusa per “lavoro nero” e
differenze retributive intimando il dovuto pagamento entro 15
giorni…pagamento ad oggi…a più di un mese dall’intimazione…ancora non
corrisposto.
La
Rai, trasmissione “Ultima parola” di Paragone, aveva intervistato le
licenziate…aveva promesso un servizio nella propria trasmissione…una
prima volta…poi anche una seconda…
Il servizio continua ad essere rimandato…non sembra mai essere il momento giusto.
Intanto chi ha perso il lavoro senza alcun serio e reale motivo continua a lottare per avere giustizia.
A
giugno è attesa la sentenza per il primo ricorso presentato dalle
licenziate…a maggio partiranno le altre due cause che le lavoratrici
hanno intentato al sindacato.
Una
lotta impari, come denuncia in una lettera a Paragone una licenziata
che non vuole sia fatto il suo nome, per la difficoltà estrema che si
trova nell’individuare un avvocato che perori la loro causa e per il
silenzio che accompagna questa battaglia.
Una
lotta che conferma quanto l’articolo 18 debba rimanere un baluardo dei
diritti dei lavoratori…e non essere modificato…bensì esteso a tutte le
realtà lavorative italiane.
Le
violazioni sono all’ordine del giorno…i controlli non vengono
effettuati…i lavoratori sono soli…ma se hanno coraggio, come stanno
dimostrando i “licenziati dalla Cgil”, si possono sconfiggere
tutti…basta che la legge rimanga legge e non si trasformi in sopruso.
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