4 Ottobre 2012
la Cgil di Cosenza condannata per aver sfruttato e sottopagato un dipendente; 16
Ottobre 2012 La Filcams - Cgil di Padova condannata per mobbing (si allega la
sentenza).
Due sentenze
brucianti nel giro di pochi giorni dovrebbero far riflettere ma anche suscitare
indignazione. In tempi in cui la questione morale imperversa sulle pagine di
tutti i giornali (in tutti i talk-show non si parla d’altro del declino della
politica, della crisi dei partiti ecc..) ci si chiede come sia possibile che
nessuno, fatta eccezione per qualche voce fuori dal coro(informazione libera,
testate minori, internet), senta il bisogno di far conoscere ai cittadini la
verità su quanto sta accadendo dietro le quinte del più grande sindacato
italiano.
Più di una trentina di casi in tutta
Italia, alcuni processi già conclusi a favore dei lavoratori, altri ancora in
fase dibattimentale. Siamo lavoratori giovani e meno giovani. Le nostre storie
sono pubbliche (ci siamo autorganizzati in un blog www.licenziatidallacgil.blogspot.com)
per dare voce al silenzio che si è steso sulle nostre vite come una cappa
pesante.
Finti
contratti di collaborazione a progetto, lavoro nero, nessun rispetto delle
norme contrattuali, licenziamenti discriminatori, mobbing e si potrebbe
continuare, purtroppo, a lungo. Come è possibile che tutto ciò non indigni? Che
non riesca minimamente a scalfire l’opinione pubblica? Eppure anche i sindacati
vivono con i contributi pubblici, proprio come i partiti. Non solo: i
lavoratori devolvono una cifra annuale dalla loro busta paga per sostenere
coloro che dovrebbero difendere i loro diritti. Sanno in lavoratori che i loro
soldi vengono usati anche per pagare gli avvocati che devono difendere alcuni
dirigenti della CGIL dalle accuse dei lavoratori licenziati? No. Non lo sanno.
Sanno i cittadini italiani che parte
delle finanze pubbliche vengono erogate ai sindacati solo ed esclusivamente in
relazione alla missione che hanno deciso di svolgere dal momento della loro
costituzione fino ad oggi? E sanno che in alcuni casi questa missione è stata
tradita? No. Non lo sanno perché i grandi giornali, i mezzi di comunicazione di
massa tacciono su tutte queste vicende. Eppure sono ben note. E’ dal 2010 che
internet è pieno di dichiarazioni, di fotografie, di ricorsi e sentenze. Ma non
basta. Ci si ostina a nascondere la polvere sotto il tappetino. Dal canto loro
i vertici di Corso d’Italia insistono sul fatto che si tratta di casi isolati e
comunque di pochissimi casi. Cosa importa? Anche un solo caso dovrebbe far
scatenare la rabbia.
Che fine hanno
fatto i dirigenti che hanno perpetrato le ingiustizie a danno dei lavoratori? Sono
stati puniti? Cacciati? No. Nella maggior parte dei casi sono ancora lì.
Continuano la loro attività sindacale, malgrado le sentenze siano già state
emesse. Malgrado la legge li abbia condannati. Eppure in questi casi nessun
giornalista ne chiede le dimissioni.
Nessuno scrive
che la CGIL nazionale ha deciso di
querelare per diffamazione uno dei pochi che ha deciso di metterci la faccia
(Luigi Monfredi del TG1). L’inizio del processo a suo carico è fissato proprio
per il prossimo 20 ottobre. Perché non sentiamo nessun giornalista indignato
alzare la voce dalle colonne del suo quotidiano per il fatto che la grande
organizzazione sindacale – la stessa che scendeva in piazza per la libertà di
stampa nell’era Berlusconi – decide di trascinare in giudizio un collega che
stava informando i cittadini di una manifestazione sotto la sede nazionale
della CGIL? Dieci giorni siamo stati lì sotto a chiedere alla Camusso un
incontro. Dieci interminabili giorni.
Abbiamo anche occupato simbolicamente la
sede del NidIL Cgil. Com’è possibile che tutto ciò non faccia notizia? Che
nessuno si interroghi sulle responsabilità oggettive che vanno ben al di là
della soggettività delle azioni che investe i singoli dirigenti locali. Perché
la CGIL non può permettersi zone d’ombra. Deve essere chiara. E se deve punire
lo faccia senza ulteriori indugi. Altrimenti saranno tutti complici.
Detto questo sorge spontanea una
domanda: la crisi della politica, l’astensionismo galoppante, la discussione
sul rinnovamento all’interno dei partiti sarebbero stati pensabili senza
l’informazione dei media? Se i cittadini fossero rimasti all’oscuro di quanto
stava accadendo nelle varie regioni, nei comuni avrebbero manifestato per
chiedere chiarezza e coerenza ai politici? E se la stampa e gli intellettuali
non si fossero mobilitati raccogliendo le firme oggi la legge anti corruzione
sarebbe all’ordine del giorno nell’agenda politica? Queste domande non sono
avulse rispetto al contesto in cui si inseriscono le nostre denunce.
Il
rinnovamento della politica, la questione morale non investe solo i partiti (e
nemmeno solo una parte di essi). Riguarda anche il sindacato. L’interesse a
fare pulizia e a cacciare chi ha tradito i valori e gli ideali
dell’organizzazione deve essere innanzitutto della stessa CGIL. Noi oggi
chiediamo, per l’ennesima volta alla Camusso e ai sindacalisti perbene della
CGIL (che sappiamo essere in tanti) di far sentire le loro voci autorevoli su
queste vicende. E ai giornalisti seri di questo paese chiediamo di smetterla di
tacere su di noi. Perché la verità è un diritto. E perché non si potrà
continuare a tenerci chiusi in cantina a lungo. Anche perché noi non abbiamo
alcuna intenzione di desistere dalla nostra lotta per riappropriarci dei nostri
diritti di cittadini e di lavoratori.
Lavoratori
licenziati dalla CGIL
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