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domenica 10 novembre 2013

La storia di Luca Lecardane licenziato dalla Camera del Lavoro di Palermo


  • In questi giorni molte persone hanno scritto alla nostra mail, raccontandoci le loro storie di licenziati dalla CGIL. Sono tanti. Non tutti hanno deciso, ancora, di sporgere denuncia alle autorità competenti. Molti compagni, invece, sono ancora imbrigliati negli interminabili processi di lavoro intentati contro la CGIL. Alcuni hanno perso in primo grado di giudizio e stanno ricorrendo in appello, altri hanno già vinto. Ma nessuno parla di noi. Ancora, a distanza di 4 anni dalla costituzione di questo comitato, nessuno si interessa alle tante vicende scandalose che denunciamo quotidianamente. E' come se fossimo invisibili. Evidentemente le nostre denunce danno fastidio a molti. Ma noi non ci fermiamo. Per fortuna esiste il blog, che registra, quotidianamente, migliaia e migliaia di accessi. Sappiamo che tanti, tantissimi sanno. Speriamo che qualcuno abbia il coraggio e l'onestà intellettuale di non voltarsi la faccia dall'altra parte. Quella che segue è la storia di Luca Lecardane, licenziato dalla CGIL di Palermo e che, oggi, rischia anche di perdere la casa nella quale vive perché non può permettersi di pagare il mutuo. Mi chiedo come si possa accettare tutto questo. Come se a perpetrare certe ingiustizie sono quelli che dovrebbero difenderci? Esistono forse lavoratori di serie A e lavoratori di serie B? I lavoratori licenziati dalla CGIL non hanno diritti, né dignità?





    Il sottoscritto Luca Lecardane è stato chiamato ad ottobre del 2004 da Franco Cantafia, allora segretario della Camera del lavoro metropolitana della CGIL, al fine di centralizzare gli uffici vertenze delle varie categorie in un unico ufficio Vertenze legale provinciale così come previsto da direttive della CGIL nazionale.
    Dipendo dall’allora segretario dell’organizzazione sig. Ferruccio Donato, il quale mi invita a organizzare l’Ufficio di cui sopra. Durante i mesi di ottobre e novembre svolgo il lavoro preparatorio scegliendo il programma con cui effettuare i conteggi, creando la documentazione da far firmare all’utenza che si rivolge all’ufficio. 
    Il sig. Ferruccio Donato mi ha dato tutte le direttive del caso circa gli obiettivi della CGIL con la formazione dell’Ufficio Vertenze Legali e rispondevo a lui circa il numero e l’esito delle vertenze, quali avvocati coinvolgere se si fosse andati in tribunale etc…
    Nel dicembre 2004 parte l’ufficio vertenze legali centralizzato e firmo il primo contratto.
    L’orario di lavoro era dalle 9 alle 13 e dalle 15.30 alle 19.00 dal lunedì al venerdì.
    Il sottoscritto aveva i seguenti compiti:
    • Ricevere gli utenti ogni pomeriggio al fine di valutare il caso, prendere gli appunti della vertenza per sviluppare i conteggi relativi; • Redigere i documenti per la presentazione del tentativo di conciliazione presso l’Ufficio provinciale del Lavoro; • Sviluppare i conteggi; • Passare le pratiche ai legali dopo l’espletamento del tentativo di conciliazione; • Cooperare con le categorie in eventuali vertenze sindacali; • Presentarsi all’Ufficio Provinciale del lavoro per i tentativi di conciliazione in rappresentanza dei lavoratori.
    Inoltre il sottoscritto, in nome e per conto della CGIL, faceva parte della commissione di conciliazione presso l’Ufficio provinciale del lavoro.
    Il segretario Cantafia lascia la Cgil a seguito della sua candidatura alle elezioni regionali del 2006 e diventa segretario della Camera del Lavoro metropolitana Maurizio Calà che mi manda, dalla fine del 2007 e fino alla fine del 2008, presso l’Ecap di Palermo come operatore amministrativo con contratto part-time 50%.
    Il responsabile dell’organizzazione diventa il signor Ennio Li Greci che ha gli stessi compiti e con cui allo stesso modo mi rapportavo rispetto al periodo in cui occupava quella posizione il sig. Ferruccio Donato.
    Quindi il sottoscritto 3 mattine la settimana lavorava presso l’Ecap e gli altri giorni espletava il lavoro di cui sopra per la CGIL.
    Infine a dicembre del 2009 vengo allontanato con una lettera in cui si dice che sarei stato un semplice volontario per la Cgil.

    Luca Lecardane

lunedì 25 marzo 2013

A proposito del silenzio stampa


"Lavoratori della Cgil in lotta contro la Cgil che licenzia". Così scriveva Gian Maria Pica su Il Fatto Quotidiano del 17 novembre del 2010 e poi si chiede: "Come è possibile che dentro un sindacato accadano questo genere di cose?”
Semplice: ai sindacati – perché associazioni non riconosciute, come i partiti politici – non si applica lo Statuto dei lavoratori. Il famoso articolo 18 dello Statuto considera nullo il licenziamento quando avviene senza giusta causa o giustificato motivo. La mancata attuazione dell’articolo 39 della Costituzione,che prescrive una legge per la disciplina dell’attività sindacale, ha sempre permesso alle organizzazioni dei lavoratori – inclusa la Cgil– di operare in deroga. E quando i dipendenti dei sindacati vogliono protestare per avere tutela dei propri diritti, non sanno bene a chi rivolgersi, considerato che i sindacati sono parte del problema e non della soluzione. Anzi, sono proprio la controparte.
Eravamo agli inizi di quella crisi economica e di rappresentanza sociale e politica che poi si sarebbe trasformata, appena qualche settimana fa, in un vero e proprio tsunami per i partiti politici e forse anche per gli stessi sindacati. 
Da allora a oggi, nessuno sembra decidersi ad affrontare con serietà e rigore una questione centrale per la nostra democrazia e per il nostro Paese.

Ad oggi si moltiplicano i licenziamenti, le epurazioni, le espulsioni operate dalla CGIL (le ultime due di qualche settimana fa) e nonostante alcune iniziative giudiziarie si siano concluse con le ovvie e puntuali condanne del sindacato guidato da Susanna Camusso, condanne per mobbing, lavoro nero (facilmente reperibili in questo blog), sentenze che solo a discuterne farebbero venire i brividi a chiunque; e nonostante si siano consumate da parte dei lavoratori licenziati le naturali azioni di lotta perfino sotto la sede di Corso d'Italia e si siano moltiplicate le denunce penali per comportamenti al limite e forse oltre la legalità all'interno della Cgil, nessuno, ribadiamo nessuno, ne parla. 
Qualche articolo qua e là che girovaga per la rete e intanto i lavoratori disperati non sanno più a che santo rivolgersi.
Il silenzio assordante della grande stampa, prezzolata da soldi pubblici a vagonate e dipendente dal sistema politico tradizionale, nasconde volutamente questi tanti casi.
 E se questo accade per i licenziati, dicasi Licenziati dalla Cgil il più grande sindacato dei lavoratori, la grande stampa si occupa giustamente per mesi, delle due espulsioni del movimento 5 stelle nei confronti di Favia e Scalzi, che a dire del leader Grillo hanno trasgredito pubblicamente alle regole del movimento. Come si fa, in che Paese viviamo? Legittimo parlare di democrazia e di rappresentanza, ma certo Scalzi e Favia non hanno perso il posto di lavoro, Grillo non li ha certo licenziati. Eppure sono state tonnellate le pagine di carta stampata e i dibattiti politici e sociologici sul significato dei comportamenti di Grillo. 
Studiosi, opinionisti, grandi firme del giornalismo, perfino cattedratici universitari, tutti ad interrogarsi sulla qualità della democrazia del movimento 5 stelle, proponendo quantomeno azzardati paragoni storici con la sinistra “radical-chic” del PD, sempre più sul fronte delle accuse: populista, demagogo, fascista, antidemocratico e autoritario ecc..ecc...Nessuna definizione di fascista (che Dio ci scampi), nè una parola chiara e netta per chi ha i licenziato padri e madri di famiglia dipendenti e dirigenti della Cgil con figli a carico, volutamente e illegittimamente buttati in mezzo alla strada, con sfratti imminenti o già consumati, con vite e identità spezzate, con ritorsioni spesso violente (altro che qualche post sui social network che tanto scandalo ha suscitato per la Scalzi) messe in campo proprio da quella parte politica e culturale della Democratica (sic..) sinistra rappresentata al meglio nella fattispecie dalla Cgil della Camusso e dai suoi Camussini sparsi in tutt' Italia, evidenziando lapalissianamente la più becera delle contraddizioni in termini:il sindacato dei lavoratori,la Cgil, il sindacato della sinistra che licenzia lavoratori, i suoi lavoratori.
Nessuno scandalo e nessuna indignazione. Adesso tutti a gran voce a richiedere leggi sulla moralizzazione della vita pubblica, per la trasparenza nell'utilizzo dei rimborsi elettorali ecc...Magari su richiesta del Pd accanto a quegli antidemocratici del M5S. Ma ancora nessuno a chiedersi com’è possibile che un sindacato che licenzia i lavoratori, infischiandosene impunemente di democrazia e legalità e in attesa che alle nostre denunce risponda la magistratura (purtroppo con i suoi tempi); un sindacato denunciato alla guardia di finanza sulle ipotesi di reato per truffa, appropriazioni indebite, falsi in bilancio, frode fiscale, ecc... possa ancora usufruire dei benefits sostanziosi garantiti dal sistema dei partiti?
Fiscalità di vantaggio, contributi pubblici per le attività fiscali e di patronato per milioni di euro, contributi pubblici per l'editoria, esenzioni su Imu, collocazioni ben pagate nei consigli di amministrazioni di enti pubblici, partecipate, municipalizzate ecc...Forse in tanti non lo sanno ancora ma vivere all'ombra dei partiti, specie per la Cgil all'ombra del Pd e anche viceversa, ha pagato bene per decenni, ma auspichiamo che lo tsunami presto arrivi per tutti. E quindi avanti tutta e per tutti, così da dare una risposta definitiva anche alle domande che si poneva, nel lontano 2011, Gian Maria Pica de Il Fatto Quotidiano, oltre a qualche altro milione di persone che come licenziati dalla Cgil non ne può più di abusi, privilegi, caste e castine politiche e sindacali, che hanno intossicato negli ultimi 20 anni questo Paese.


Il comitato dei lavoratori licenziati dalla CGIL.

martedì 12 marzo 2013

LILLO OCEANO HA MENTITO SULLA FIRMA




Il segretario generale della CGIL di Messina LETTERIO OCEANO in data 01 febbraio 2013 indagato per falsa testimonianza rilasciava alla stampa queste dichiarazioni:

 
" LA FIRMA E' LA MIA NON HO NIENTE DA TEMERE". 



NOI RISPONDIAMO CON GLI ATTI DELLA PROCURA per riaffermare che la verità è tutt'altra.

Il Comitato dei lavoratori licenziati dalla CGIL




lunedì 18 febbraio 2013

La libertà di stampa a corrente alternata della Camusso


Attaccare la Cgil costa una querela al tg1 

Quotidiano Libero.it del 18 Febbraio 2013 - Enrico Paoli

Difensori dei più deboli per contratto. Paladini delle cause libertarie per definizione, come quella per la libertà di stampa, tanto per entrare subito in tema. Ma se toccate i loro interessi, di qualunque tipo essi siano, diventano come i tori nell’arena. Il bello, o il brutto, è che il soggetto di tanto doppiopesismo è la Cgil, il sindacato guidato da Susanna Camusso che davanti al rosso, storicamente, dovrebbe sentirsi bene, a proprio agio. Invece non è sempre così. A far saltare l’immagine da santino della Camusso è stato un servizio del Tg1,quello diretto da Augusto Minzolini a cui la sinistra ha giurato amore eterno visto che lo attacca a prescindere, andato in onda l’8 aprile scorso nel quale il neo vicecaporedattore della redazione economia (la nomina è di ieri), Luigi Monfredi, raccontava la storia e la protesta dei licenziati dalla Cgil.
La manifestazione è andata in scena a Roma, con tanto di bandiere rosse,  davanti alla sede nazionale del sindacato. Monfredi, da cronista e non da opinionista, racconta nel servizio i fatti, non le opinioni, salvo quelle dei diretti interessati, cioè dei manifestanti. «Davanti alla sede nazionale della Cgil», recita l’attacco del servizio andato in onda nel Tg1 dell’8 aprile, «è andato in scena il dissenso nei confronti di un ex datore di lavoro. Sono tante le cause di lavoro intentate in tutta Italia da ex dipendenti». Talmente tante che un giudice del lavoro ha disposto il reintegro di un dipendente del sindacato. La Cgil, per contro, sostiene che siano solo 6. Ma conta il numero o l’oggetto del contendere?  Se non si parla di piazze piene, evidentemente, per la Cgil  i fatti non esistono.
Esiste però la cronaca dei fatti. Eppure la Camusso, di fronte a tanta cronaca, ha deciso di replicare passando direttamente alle vie legali, ovvero querelando il Tg1 per diffamazione con annessa richiesta di danni. L’azione legale è stata intrapresa, altro fatto alquanto anomalo per un sindacato che è sceso in piazza per la libertà di stampa (di chi a questo punto, viene da chiedersi), saltando addirittura la casella del diritto di replica con richiesta di rettifica, come ha chiesto addirittura l’Associazione Stampa romana, il sindacato dei giornalisti della Capitale, storicamente vicina alla Cgil. Per dire, il giorno dello sciopero generale gli uffici del sindacato romano erano chiusi. Ma quando è troppo è troppo. «Dobbiamo ribadire con fermezza che riteniamo la denuncia per diffamazione un inaccettabile sistema intimidatorio nei confronti dei colleghi», recita una nota emessa in serata da Stampa romana, «non sarebbero mancati i metodi per rimediare, là dove lo si fosse ravvisato, a un errore o a un’incompletezza: la Cgil poteva chiedere una rettifica o di rendere conto delle proprie posizioni, magari attraverso un’intervista della stessa Camusso al Tg1. La libertà d’informazione si fonda su due cardini: l’autonomia dei giornalisti e la tutela dei cittadini, entrambe vanno tutelate pena uno squilibrio che finirebbe per mettere a rischio uno dei pilastri della convivenza democratica».
E ora la Camusso che fa, querela anche il sindacato romano?  Sostenendo, magari, che la nota di Stampa romana ha lo stesso tono diffamatorio del Tg1, accusato di aver trasmesso un servizio «lesivo dell’onore, della reputazione e dell’immagine della Cgil».


domenica 17 febbraio 2013

LA CGIL DEVE SOSPENDERE I DIRIGENTI INDAGATI E RINVIATI A GIUDIZIO, COME CHIEDE LO STATUTO


Gli ultimi due provvedimenti adottati dall'autorita' giudiziaria nei confronti di due segretari generali delle Cgil di Messina e Ragusa (di cui si allega il rinvio a giudizio del Segretario Avola), per le ipotesi di reato di falso e diffamazione e le altre denunce penali pendenti e in itinere,non possono non indurci ad una qualche riflessione diciamo di contesto,sulle vertenze che riguardano i lavoratori e le lavoratrici licenziati dalla Cgil nel quadro piu' generale di quanto sta avvendo e continua ad avvenire nel nostro Paese ma anche,e ci dispiace,all'interno del piu' grande sindacato dei lavoratori.

Nel giro di qualche anno infatti si e' passati repentinamente e per lo piu' nel silenzio mediatico,da una crisi di deficit democratico  delle forme di rappresentanza politica e sociale (partiti e sindacati) ad una situazione nella quale, giorno dopo giorno,si rivelava  una crisi quasi strutturale e di sistema.Una crisi di sistema che disvelava costantemente, sopratutto attraverso l'emersione di scandali direttamente riconducibili ad una ampio e articolato contesto di corruzione e di corruttela che le inchieste giudiziarie hanno fatto emergere con dirompente quotidianita'(ad esempio il caso Penati prima e poi il caso Lusi, Batman Fiorito, i soldi della Lega Nord, le ipotesi di truffa e peculato in tanti consigli regionali, gli scandali nella sanita' e poi ancora la vicenda Montepaschi e di questi giorni quella Finmenccanica e potremmo ovviamente continuare) fino al punto di invocare in questi ultimi giorni - alla vigilia delle elezioni politiche e nel quadro di un contesto socio economico devastante per le poverta' sempre piu' emergenti - lo scenario, sempre piu' concreto, di una nuova tangentopoli. Una crisi di sistema ampia ed evidente che purtuttavia non interroga ancora fino in fondo le ragioni della debolezza della politica da parte di chi ne avrebbe anzitutto le responsabilita', ma determina, viceversa, il progressivo allontanamento della parte sana del Paese, lavoratori e cittadini, dal controllo sociale della cosa pubblica e dal significato dell'azione sindacale. Ascoltare i livelli apicali delle istituzioni politiche e sindacali demandare alla magistratura il compito di smascherare i limiti e contraddizioni del sistema, attraverso gli strumenti propri dell'azione giudiziaria, che per sua natura non potrebbe ne' dovrebbe sostituirsi alle prerogative proprie della politica e degli strumenti del controllo democratico,significa esplicitamente adbicare alla funzione e al ruolo della rappresentanza e della mediazione degli interessi,lasciando, così facendo, praterie enormi alle scorribbande di corrotti e corruttori,faccendieri e tangentisti,opportunisti  e arrivisti all'interno di partiti e sindacati.

Noi che siamo stati costretti a subire sulla nostra pelle di lavoratori,anche se lavoratori in un certo senso particolari, in quanto dipendenti licenziati da un sindacato come Cgil, le anomalie e le contraddizioni evidenti della crisi del sistema,reiteriamo con forza,ancora una volta, l'accorato appello di riportare al centro della discussione il rispetto delle regole interne agli organi di rappresentanza di partiti e sindacati, l'autonomia della loro funzione, il distinguo chiaro nella funzione tra politica e magistratura, l'autodeterminazione e l'autorevolezza di principi etici e morali,ma anche politici e statutari che si muovono e si dovono muovere su ambiti distinti e diversi.

Ecco perche' invitiamo ancora una volta la Cgil ad assolvere autonomamente alle sue funzioni, applicando con rigore ed uniformemente le sue regole interne e i suoi deliberati (di cui alleghiamo copia) anche e sopratutto nei confronti di quei dirigenti che, anche a prescindere  da provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, (che nei casi evidenziati purtroppo sono gia' stati assunti) se riconosciuti responsabili di azioni in violazione delle regole interne,devono liberare il campo, affinche' il campo,anche nel sindacato,non venga ricoperto da quell'erbetta verde chiamata "gramigna", che come e' noto, se non estirpata dall'inzio, finisce per propagarsi dappertutto stritolando alberi e frutti e non raramente, determinandone la fine.










































 DELIBERA QUADRO 
Il CSN ha adottato la seguente deliberazione “quadro” sul tema di sanzioni e procedimenti ex art. 3 dello statuto CGIL. 
Per affrontare il tema delle eventuali sanzioni in caso di “reati” di particolare gravità ad esempio quelli connessi all’appartenenza ad associazioni terroristiche, occorre procedere ad una lettura congiunta di vari passaggi dello Statuto CGIL evidenziando le diverse casistiche. 
In particolare 
ART. 26 IV^ COMMA: SANZIONI DISCIPLINARI 
Ci si riferisce ai “casi di particolare gravità, derivanti da sottoposizione a procedimenti penali, con esclusione dei reati di opinione e, comunque, nei casi di provvedimenti restrittivi della libertà della persona, la Segreteria del Centro regolatore di riferimento (o di quello superiore se il caso si riferisce ad un Centro regolatore) può sospendere cautelativamente l’iscritto dalla carica ricoperta o dall’esercizio delle facoltà di iscritto, per il tempo strettamente necessario all’inchiesta e alla decisione di prima istanza e all’esame dell’eventuale ricorso. Il Comitato direttivo del Centro regolatore di riferimento dovrà, entro trenta giorni, ratificare tale decisione. Sono fatte salve la continuità delle prestazioni retributive e previdenziali secondo le modalità previste dal Regolamento del personale. La sospensione cautelativa non costituisce sanzione disciplinare. 
È facoltà dell’iscritto oggetto di tale provvedimento richiedere l’attivazione del Comitato di garanzia competente; in tale caso il provvedimento di sospensione cautelare cessa con le decisioni del Comitato stesso”. 
Si tratta in questo caso di un provvedimento “cautelare” di sospensione il cui scopo è la tutela dell’organizzazione da emanarsi nei casi di particolare gravità, ad esclusione dei reati di opinione, nei quali iscritti/e abbiano compiuto atti per i quali si attivano procedimenti penali e comunque sempre nei casi di provvedimenti restrittivi della libertà. 
Proprio perché si tratta di atti cautelari a tutela dell’organizzazione questi sono assunti dalla Segreteria del centro regolatore di riferimento o di quello superiore in caso si tratti di centro regolatore e non costituiscono sanzione disciplinare. E’ utile rammentare che tali provvedimenti debbono essere ratificati dal CD di riferimento entro 30 giorni dalla decisione di sospensione. Il ricorso dell’iscritto, a differenza dei procedimenti disciplinari ordinari, non produce la sospensione del provvedimento 
fino alla decisione del Comitato di garanzia competente che può confermare o revocare il procedimento (una sorta di Tribunale per il riesame). 
Alla luce della ratio della norma non siamo in presenza della normale procedura che si attiva in caso di sanzione disciplinare (due livelli di giudizio), bensì di una procedura straordinaria (1 solo livello di giudizio). Tutto ciò postula la massima attenzione alla lettera ed allo spirito indicato in relazione alla tipologia dei casi ai quali si applica l’istituto della sospensione cautelare. 
E’ bene rammentare come anche per le “infrazioni” di cui all’art. 26 III^ comma, in particolare quelle di cui alla lettera a): 
comportamenti e atteggiamenti in contrasto con i principi fondamentali dello Statuto; con le regole in esso precisate; con le corrette norme di leale comportamento nell’organizzazione; con le norme fissate nei regolamenti approvati dagli organi statutari” la prassi ordinaria prevista dallo statuto è l’attivazione del procedimento disciplinare di cui agli articoli 26 e 27. 
ART. 3: ISCRIZIONE ALLA CGIL 
L’art. 3 dello statuto regola sia l’istituto del rifiuto dell’iscrizione, sia quello dell’interruzione del rapporto associativo con la CGIL. 
In particolare l’art. 3 “a tutela dell’organizzazione la domanda di iscrizione viene respinta nei casi di gravi condanne penali, sino all’espiazione della pena, di attività o appartenenza ad associazioni con finalità incompatibili con il presente Statuto (organizzazioni segrete, criminali, logge massoniche, organizzazioni a carattere fascista o razzista). Questi casi rappresentano, altresì, causa di interruzione del rapporto associativo con la CGIL regola tali istituti collegandoli all’ipotesi “di gravi condanne penali, sino all’espiazione della pena, di attività o appartenenza ad associazioni con finalità incompatibili con il presente Statuto (organizzazioni segrete, criminali, logge massoniche, organizzazioni a carattere fascista o razzista)”. In tale ambito sono sicuramente ricomprese le associazioni che praticano la violenza armata e quelle terroristiche. 
Fermo rimanendo l’iter giudiziario che dovrà dimostrare l’appartenenza o meno del soggetto indagato a tali organizzazioni, in virtù proprio dell’esercizio della “tutela dell’organizzazione” posto a base dell’adozione degli istituti di cui al citato art. 3, occorre affrontare in via deduttiva il tema dell’accertamento dell’effettiva appartenenza ad associazioni per le quali potrebbe scattare l’incompatibilità con l’iscrizione alla CGIL. 
La lettera e il senso politico dell’art. 3 afferma la centralità del principio della tutela dell’organizzazione che risulta essere il concetto che porta la CGIL a negare l’iscrizione o ad interrompere il rapporto associativo. Trattasi di un principio politico che in piena autonomia e legittimità la CGIL assume per via statutaria. 
Ora nel caso dell’appartenenza alle associazioni di cui al citato art. 3, sia l’affermazione di appartenenza da parte dell’interessato, sia la non negazione dell’appartenenza, rappresentano fatti dai quali tutelare l’organizzazione. 
In particolare l’appartenenza a tali organizzazioni può essere accertata anche da dichiarazioni esplicite rese dagli stessi soggetti coinvolti nei procedimenti giudiziari nel corso del loro stesso iter. Si tratta di dichiarazioni rese dagli “inquisiti” dalle quali direttamente o indirettamente viene per la CGIL accertata l’appartenenza a tali organizzazioni ( ad esempio il dichiararsi prigioniero politico). 
Va altresì tenuto conto di dichiarazioni dalle quali si evinca la “non negazione dell’appartenenza” ( ad esempio avvalersi della facoltà di non rispondere). In particolare questo istituto previsto dall’art.64 del Codice di Procedura Penale rappresenta un diritto di difesa della persona indagata, ma esso non tutela l’organizzazione nel caso di ipotesi di reati gravi quali quelli di cui all’art.3. L’adozione di questo istituto, a detta di questo Collegio, potrebbe configurarsi anche come violazione dell’art.5 comma 2 dello Statuto CGIL ( le iscritte e gli iscritti sono chiamati a comportarsi con lealtà nei confronti delle altre iscritte/iscritti rispettando i valori e le finalità fissati dallo Statuto); la non negazione dell’appartenenza rientra nella violazione anche del principio di lealtà. Il conflitto tra il diritto individuale alla difesa previsto dal Codice e quello della tutela dell’organizzazione previsto dallo Statuto, non può nell’ipotesi ex art.3 che essere risolto a favore della tutela dell’organizzazione. 
Qualora si fosse in fattispecie diverse per quanto riguarda l’accertamento dell’appartenenza, quali ad esempio notizie a mezzo stampa, occorre procedere ad una valutazione circa la prevalenza di uno dei due diritti, prestando sempre la massima attenzione a quello della tutela dell’organizzazione. 
Stante la natura di non più iscritto del soggetto interessato a seguito dell’avvenuta assunzione delle decisioni di cui sopra, non è possibile ricorrere avverso il procedimento di rifiuto dell’iscrizione o di interruzione del rapporto associativo dall’organizzazione che quindi diviene inappellabile. 
Infine il CSN ritiene opportuno che le decisioni vengano condivise dai Centri regolatori interessati, fermo rimanendo che l’atto con il quale viene deciso il comportamento dell’organizzazione non possa che essere di titolarità del Centro regolatore confederale di riferimento; ciò si può evincere dalla stessa lettera dell’art.3 che fa riferimento all’iscrizione alla CGIL. 
La Presidenza del CSN 
Gentile – Berton - Sinchetto 
Roma, 14 maggio 2007 

venerdì 8 febbraio 2013

CGIL CONDANNATA PER MOBBING

Filcams, il sindacato di categoria del commercio, e il suo ex segretario devono risarcire 43 mila euro a una dipendente «progressivamente emarginata»: ecco il testo integrale della sentenza.

Hanno ancora il coraggio di parlare di "casi isolati"?










sabato 2 febbraio 2013

Alcuni chiarimenti in merito alle dichiarazioni rese da Lillo Oceano alla stampa


In risposta alle dichiarazioni rese alla stampa dal segretario generale della CGIL di Messina, Lillo Oceano, e in riferimento all'espressione “ probabile firma” pubblichiamo, a onor del vero, copia dell’avviso di conclusioni indagini con l’imputazione del capo di accusa, da cui emerge chiaramente che  “ la firma non era a lui riferibile”. 

Per tutte le altre affermazioni riferite all’appropriazione indebita ricordiamo che, in data 1 luglio 2010, è stata presentata una denuncia dettagliata alla guardia di finanza di Messina  in cui  Alma Bianco spiega con dovizia di particolari il sistema CGIL che in sede di processo avrà modo di esplicitare al Giudice competente. 

Ricordiamo infine al Segretario Generale Oceano, che  Alma Bianco ha presentato ricorso al Tribunale sez. Lavoro di Messina ( atti già pubblicati su questo blog) dove denuncia la CGIL per lavoro nero, differenze retributive e falso distacco sindacale, aggiungendo inoltre che ad oggi non ha percepito gli stipendi maturati né  la quota di tfr trattenuta dal fondo pensioni COOPERLAVORO ( somme trattenute in busta paga) . Non crediamo dunque possa andare fiero di alcunché . 

L’impiegata “ infedele” fino a prova contraria è innocente.

NB I dati sensibili sono stati naturalmente oscurati per ragioni di privacy.




venerdì 1 febbraio 2013

Oceano deve dimettersi

Secondo l'articolo 26 del Titolo V della giurisdizione interna della CGIL che vi alleghiamo sotto, assieme alla denuncia, sporta da Alma Bianco nei confronti del Segretario della Camera del Lavoro di Messina Letterio Oceano, questo deve dimettersi dal suo incarico. Non si capisce bene perché Alma Bianco, sulla base di denunce tutte da provare, sia stata privata del suo lavoro, dello stipendio, della dignità essendo solo e sottolineamo solo indagata, mentre il Signor Oceano, anche lui indagato per falsa testimonianza, debba restare al suo posto. La legge è o no uguale per tutti? Chiediamo a gran voce le sue dimissioni.

Come è nostra abitudine, alleghiamo tutti i documenti in questione, per dimostrare ancora una volta che noi non diciamo bugie, ma denunciamo amare verità.

Buona lettura


Regolamento CGIL in base al quale le dimissioni sono un atto dovuto e di seguito la denuncia di Alma Bianco contro Oceano


TITOLO V
Della giurisdizione interna
Articolo 26 - Sanzioni disciplinari
È passibile di sanzioni disciplinari l‟iscritta o l‟iscritto il cui comportamento sia contrario ai
principi di democrazia e di garanzia di altre/altri iscritte/iscritti o risulti lesivo per la  CGIL o
configuri violazione di principi e norme dello Statuto.
Le sanzioni applicabili, in ordine di gravità, sono le seguenti:
a. biasimo scritto;
b. in caso di iscritta/o con incarichi di dirigente a qualsiasi livello,  o componente del
comitato Direttivo, sospensione dalla/e carica/he sindacale/i ricoperta/e da 3 a 12
mesi;.
c. sospensione da tre a dodici mesi dall‟esercizio delle facoltà d‟iscritta/o;
d. espulsione dall‟organizzazione.
Tali sanzioni vengono irrogate, secondo il principio di gradualità, proporzionalità e
personalità in relazione al tipo e alla gravità dell‟infrazione, per:
1. comportamenti
1.1. incompatibili con i principi fondamentali dello Statuto;
1.2. in contrasto con le regole in esso precisate;
1.3. contrarie alle corrette norme di leale comportamento nell‟organizzazione;
1.4. in contrasto con le norme fissate nei Regolamenti approvati dagli organi statutari.
La violazione, in particolare, delle norme elettorali comporta la decadenza dagli incarichi
sindacali di carattere elettivo e la ineleggibilità per almeno due anni a qualunque incarico;
2. molestie e ricatti sessuali;
3. condanna per reati dolosi, esclusi in ogni caso quelli di opinione;
4. atti affaristici o di collusione con la controparte.
In casi di particolare gravità derivanti da sottoposizione a procedimenti penali con esclusione
dei reati di  opinione e, comunque, nei casi di provvedimenti restrittivi della libertà della
persona, la Segreteria del Centro regolatore di riferimento (o di quello superiore se il caso si
riferisce ad un Centro regolatore) può sospendere cautelativamente l‟iscritto dalla carica
ricoperta o dall‟esercizio delle facoltà di iscritto, per il tempo strettamente necessario
all‟inchiesta, alla decisione di prima istanza e all‟esame dell‟eventuale ricorso.
Il Comitato  direttivo del Centro regolatore di riferimento dovrà, entro trenta giorni, pena
l‟inefficacia del provvedimento, ratificare tale decisione. Sono fatte salve la continuità delle
prestazioni retributive e previdenziali secondo le modalità previste dal Regolamento del
personale.
La sospensione cautelativa non costituisce sanzione disciplinare.
È facoltà dell‟iscritto oggetto di tale provvedimento richiedere l‟attivazione del Comitato di
garanzia competente che deciderà in unico grado.
Il provvedimento di sospensione cautelare cessa con le decisioni del Comitato stesso,
qualora non venga confermata.
Nel corso del procedimento disciplinare, il Comitato di Garanzia, in relazione alla natura dei
fatti evidenziati ed alla carica esecutiva ricoperta dall‟iscritto/a sottoposto/a al procedimento
stesso, può chiedere allo/a stesso/a che si sospenda cautelativamente dall‟incarico ricoperto
per la durata della stessa procedura.
Nei casi più gravi sanzionati come al punto d) del 1^ comma, a tutela dell‟organizzazione la
sanzione è immediatamente esecutiva, fatta salva la procedura di garanzia da parte del/la
sanzionato/a.
I materiali raccolti in sede di procedimento disciplinare sono utilizzabili anche ai fini di
eventuali provvedimenti che le strutture possono assumere nella loro funzione di “datori di
lavoro”.Lo Statuto della CGIL
- 24 -
Le strutture che  vengono a conoscenza  di fatti penalmente illeciti sono tenute a darne
immediata comunicazione all‟autorità giudiziaria, fermo rimanendo l‟avvio del procedimento
disciplinare.
I procedimenti disciplinari non sostituiscono il diritto ad eventuali azioni civili per il
risarcimento dei danni subiti dall‟organizzazione.
Il patteggiamento nei procedimenti penali davanti all‟autorità giudiziaria non esclude
responsabilità anche patrimoniali nei confronti dell‟organizzazione.










giovedì 31 gennaio 2013

Lillo Oceano indagato per falsa testimonianza

Denunciamo da anni, nel silenzio di molti. Tante sono le false testimonianze rese dai dirigenti sindacali nei processi di lavoro intentati dai lavoratori licenziati contro la CGIL.

 A voi lettori sta giudicare se è normale che tutto questo accada nell'indifferenza generale e nel silenzio assordante dei media.

La nostra guerra è appena iniziata. La verità viene sempre fuori.



MESSINA

Inchiesta Cgil, indagato Lillo Oceano






31/01/2013
Il segretario generale di Messina, è indagato per falsa testimonianza nell’inchiesta su un ammanco di 60.000 euro dalle casse del sindacato. Oceano avrebbe riconosciuto come sua una firma su un assegno apposta per suo conto dall’ex amministratrice unica del sindacato Alma Bianco.
Il segretario generale della CGIL di Messina, Lillo Oceano, è indagato per falsa testimonianza nell’inchiesta sull’ammanco di 60.000 euro dalle casse del sindacato di via Peculio Frumentario.  A firmare il provvedimento il sostituto procuratore Fabrizio Monaco che ormai da due anni si   occupa della vicenda. Secondo l’accusa Oceano aveva riconosciuto come propria la firma apposta su un assegno bancario di quasi 5000 euro. In realtà la firma del segretario della CGIl sarebbe stata apposta dalla ex amministratrice unica della CGIL di Messina, Alma Bianco. Come dichiarò la stessa Bianco al PM, assistita dall’avvocato Bonaventura Candido, si trattava di una prassi, quella di apporre le firme per conto del segretario generale che a volte era impossibilitato a farlo. Una perizia calligrafica di parte aveva stabilito che la firma era stata apposta da Oceano ma, dopo il rigetto di una richiesta d’archiviazione da parte del gip,  una seconda perizia, eseguita dai Ris, ha stabilito che la firma apposta sull’assegno non appartiene al segretario generale della Cgil.
Intanto nei prossimi giorni inizierà il processo per l’ammanco di circa 60.000 euro dalle casse della Cgil di Messina. Per questa vicenda la Alma Bianco, che è indagata per appropriazione indebita, nel marzo 2010  era stata licenziata dalla segreteria provinciale del sindacato.



http://www.gazzettadelsud.it/news//32828/Inchiesta-Cgil---indagato-.html