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martedì 17 maggio 2011

LETTERA APERTA ALLA SEGRETERIA NAZIONALE DELLA CGIL

Il nostro tempo è adesso … e Se non ora quando? Già, perché se ad assicurarti “un tempo, con slogan trionfanti e campagne di sensibilizzazione tese a garantire diritti e futuro è nostra mamma Cgil … beh, allora quel tempo è scaduto, o forse, per noi “licenziati Dalla Cgil” non è mai cominciato.

O si è liberi o si è schiavi, e la libertà non è un’astratta “coerenza", ma una fatica quotidiana, si pratica ora per ora, assumendosi rischi e conseguenze del proprio operato.

Dopo estenuanti ore d’attesa, ad elemosinare un incontro con la Segr. Naz. Della Cgil, che aveva come unico di scopo quello di aprire un dialogo che affrontasse le problematiche inerenti a fatti che questo sindacato, in quanto tale, non può permettersi di avere (lavoro nero, maltrattamenti, contratti atipici, molestie, licenziamenti illegittimi, epurazioni …) l’unica risposta che abbiamo trovato, fino ad oggi, è stata una porta chiusa accompagnata da un silenzio assordante. Ma nonostante questo, abbiamo accettato il consiglio di chi ci assicurava che, quel tanto agognato incontro, si potesse realizzare. Abbiamo sospeso la nostra mobilitazione, in attesa di quell'incontro, proprio come fa' il sindacato quando il datore di lavoro manifesta la disponibilita' all'apertura di un dialogo. Siamo stati adulti e coscenziosi, seri e responsabili. Ma la vita non attende: dal 21 aprile e' trascorso quasi un mese e uno sciopero generale della Cgil per il lavoro e per i diritti. Per noi, senza lavoro e senza reddito, paradossalmente senza diritti e senza interlocutori, per noi, sindacalisti senza sindacato, un'ora e' un giorno, un giorno e' un mese, un mese e' un anno. Con la febbre che aumenta, insieme alle ansie e alla paura per il futuro. Qualcuno di voi si e' mai chiesto che lavoro puo' cercare o sperare di trovare un sindacalista della Cgil dopo che il suo sindacato lo licenzia? Qualcuno si e' mai interrogato su cio' che comporta essere le vittime di questo paradosso unico? Anche per questa ragione, con la consapevolezza e l'umilta' di essere davvero gli ultimi tra gli ultimi, abbiamo sperato in un confronto, in quanto lavoratori e lavoratrici che non hanno piu' un lavoro a causa del sindacato datore di lavoro, abbiamo cercato di dialogare e di protestare per farci sentire.

Abbiamo cercato un confronto perché ormai stanchi di vedere abbassare gli sguardi come fossero serrande, da parte di quegli stessi compagni che ti hanno insegnato cos’è la lotta per il lavoro.

La nostra non è rabbia che cancella e divide, non è l’omertà ottusa delle scrollate di spalle.

E’ una rabbia sana, argomentata, lucida. Ora diteci: noi saremmo gli aggressori?...

Oppure, insieme a noi, sono aggressori anche tutte quelle persone che ci rassegnano quotidianamente le loro difficolta' di comunicazione con cio' che oggi sembra essere divenuta la Cgil? Ci riferiamo, non solo a chi, del gruppo dirigente, ci ha piu' volte espresso solidarietà, ,ma sopratutto a tutti quei sindacalisti, compagni, dirigenti di base, semplici iscritti e lavoratori, smarriti all'interno di una organizzazione nella quale e' ormai perfino possibile che si aprano, come se fosse la cosa piu' naturale del mondo, le piu' diversificate cause di lavoro contro il datore di lavoro Cgil. Ma quel che e' peggio sono le ragioni per cui, secondo noi, tutto questo accade. Innazitutto vorremmo parlare delle regole interne al sindacato, che nel tempo la Cgil si e' data, a tutela di tutti e che oggi sembrano subalterne agli equilibri di potere, alle logiche di apparato, alle contrapposizioni e ai veti incrociati. Noi licenziati dalla Cgil siamo solo le incolpevoli vittime della evidente crisi dell'organizzazione, della pochezza e della confusione che regna all'interno, dell'assenza di regole esigibili e verificabili, della assoluta mancanza di controllo democratico da parte dei rappresentati, cioe' di quei lavoratori, che della cgil, un tempo, erano gli unici protagonisti.

Noi licenziati dalla cgil, cosi' come tutti gli altri licenziati, i precari, i giovani, i tanti disoccupati di questo Paese, osserviamo sgomenti, purtroppo da un osservatorio particolare, una cgil che si dimena tra concertazione e antagonismo, tra potere dell'apparato e richiesta di democrazia dei lavoratori, tra la tutela del lavoro garantito e quello precario, tra 4 ore di sciopero generale e la volonta' di lotta diffusa di ampi ceti popolari, ecc.E tutto cio' nel quadro di un contesto politico di riferimento (quello che una volta si chiamava "di sinistra") che, in sostanza, rispecchia la confusione, l'assenza di un progetto unitario, interno alla Cgil e viceversa. In uno scenario di siffatta natura, le beghe di potere, le lotte intestine e fratricide, il mantenimento di posizioni di rendita e di privilegio, finiscono per prevalere su tutto, in una specie di bailamme generale del sindacato generale(sic!), nel quale si sono smarrriti i punti fermi e le questioni di fondo. Noi, piccoli licenziati dal grande sindacato, lavoratori senza sindacato, pensiamo senza presunzione alcuna, se ancora ci e' permesso, che la nostra vicenda di licenziati dalla Cgil, e' certamente una questione di fondo: una questione che evidenzia lo stato confusionale del nostro sindacato (sì, nonostante tutto, lo consideriamo ancora nostro) e che mette a nudo, impietosamente, gravi limiti e sostanziali problemi.Tentare, cosi' come fino ad oggi si e' inteso fare, di eludere la questione dei licenziamenti nella Cgil, di ridimensionarla, di nascondere la polvere sotto il tappeto, significa, paradossalmente, mettere in tutta evidenza questa anomalia assoluta, che fa' il pari, con le altre gravi anomalie, in cui, ormai da troppo tempo, si dibatte disperatamente il nostro Paese. Solo questa infatti, puo' essere la spiegazione, politicamente comprensibile, della chiusura al confronto con i propri lavoratori licenziati, allontanati, epurati e sulla questione, ampiamente sollevata, dei diritti negati all'interno della Cgil. Solo cosi' puo' spiegarsi plausibilmente, la decisione di un sindacato, che per sua natura e' soggetto negoziale, di demandare ai tribunali le decisioni sui licenziamenti dei propri lavoratori, con gravissimi rischi, non solo potenziali, per l'organizzazione tutta e per la sua stessa storia futura. Anche in passato, magari con minore frequenza ed evidenza, queste situazioni era possibile che accadessero; ma in passato si governavano e ancor prima che esplodessero, venivano ricercate soluzioni di mediazione, di ragionevole buon senso, che tutelassero la dignita' dei lavoratori della Cgil e l'organizzazione tutta.

Ma forse erano altri tempi, tempi in cui esisteva la politica, la sinistra, quella che si schierava con i piu' deboli, con i meno fortunati e garantiti, tempi nei quali, l'articolazione dei vari livelli della Cgil e la loro autorevolezza, servivano, anche, per gestire situazioni di conflitto interno e mai e poi mai avrebbero permesso, che quanto sta accadendo accadesse. Ma sopratutto erano tempi nei quali dentro la Cgil, era fondamentale per tutti, iscritti, militanti, quadri, funzionari, dirigenti, il rispetto rigoroso delle regole interne, un controllo e una garanzia di legalita', da cui scaturivano il rispetto per ogni persona, la loro tutela politica e professionale e della loro dignita' di compagni e compagne della Cgil. Noi, semplici vittime di questa situazione assurda; noi, quelli che per la cgil hanno lavorato,  militato e vissuto; noi, quelli che la Cgil, oggi, non vuole addirittura ricevere; noi, precursori di un domani ancora peggiore, se non verra' posto rimedio; noi siamo quelli che sperano ancora, che bussano e busseranno ancora a quella porta, finchè quella porta non si aprira' nuovamente alla Cgil, ai lavoratori, a tutti i lavoratori, con educazione e rispetto. A quella Cgil che abbiamo perso, che si e' persa, che ci hanno ingiustamente tolto insieme al nostro lavoro e che dobbiamo ritrovare, per noi, per la Cgil stessa e per il nostro Paese.

Il comitato dei precari e dei licenziati dalla Cgil

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