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mercoledì 20 aprile 2011

LA STAMPA CHE HA PUBBLICATO E QUELLI CHE INVECE FANNO FINTA DI NIENTE

Il Comitato dei Lavoratori licenziati dalla CGIL ringrazia tutte le testate giornalistiche (Liberazione, La Stampa, il Manifesto, il Giornale, La Primapagina, Giornalettismo, Il Pasquino, Il Punto Rosso, Iustitia) perdonateci se dimentichiamo qualcuno, per aver dato voce alle nostre tristi vicende. A quanti ci hanno accusato di esserci fatti “strumentalizzare” rispondiamo che è da mesi che inviamo le nostre storie - corredate dalle denunce (esposti e ricorsi) - a tutti i giornali d’Italia. Siccome siamo uomini e donne di sinistra, abbiamo scritto prima di tutto a quei quotidiani che ci sembravano più vicini a noi e dai quali ci saremmo aspettati solidarietà. Per un fatto del tutto naturale e per coerenza con quanto si predica, infatti, era auspicabile che le nostre storie venissero raccontate anche e, soprattutto, da loro (ma solo pochi hanno risposto) .
Il giornalista ha, prima di tutto, il dovere di informare. Ringraziamo chi ha semplicemente voluto raccontare dei fatti che – piaccia o non piaccia – sono accaduti, come dimostra il fatto che una delegazione dei licenziati dalla CGIL è in presidio a Roma davanti la sede della CGIL nazionale ormai dallo scorso 8 aprile, rivendicando giustizia e diritti. Tanti giornali hanno fatto finta di non vedere, di non sentire e hanno preferito voltarsi dall’altra parte.
Non permettiamo a nessuno di dirci che ci siamo venduti alla destra. Chi conosce noi e la nostra storia di militanza (sempre a sinistra) sa bene che non è così. Siamo pronti a tirar fuori tutte le mail (con data e ora di spedizione) inviati a TUTTA - e sottolineamo TUTTA - la stampa italiana. Non è certamente colpa nostra se ad accorgersi di quanto stava accadendo sono stati solo in pochi.
Auspichiamo una presa di coscienza da parte degli altri giornali e chiediamo loro di ospitare la nostra denuncia. Raccontare non vuol dire per forza dare torto o ragione. Raccontare non implica che non vi sia il diritto di replica. Le nostre sono storie pubbliche e supportate da denunce che sono al vaglio della Magistratura competente. Non sono cioè, parole in libertà, ma fatti. Fatti che fanno male e feriscono. Indubbiamente. Ad “infangare” non è mai chi denuncia, ma chi commette degli atti non consoni al proprio ruolo e ai valori di cui si mostra portavoce.
Dunque un ringraziamento aperto a tutto coloro che ci hanno dato voce e una richiesta pubblica a tutti i giornalisti seri e imparziali di questo paese (e sappiamo che ce ne sono tanti) di cominciare a rompere questo odioso muro del silenzio che è calato, come una pesante cortina, su di noi.

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